Il nuovo film di Guillermo del Toro reinterpreta il classico di Mary Shelley con una visione intima e spirituale, spostando l'attenzione dalla creazione del Mostro (Jacob Elordi) alla sua tormentata esistenza. Ne nasce un racconto epico e visionario, dove l'orrore si intreccia con la ricerca dell'anima. La storia si apre quarant'anni dopo la morte di Victor Frankenstein (Oscar Isaac), avvenuta tra i ghiacci artici. Il dottor Pretorius, scienziato brillante e ambiguo, riceve l'incarico di ritrovare la creatura, creduta scomparsa in un incendio decenni prima. La sua missione è chiara: spingere oltre i confini della scienza e della morale, riprendendo gli esperimenti interrotti da Frankenstein. Parallelamente, il film rievoca le origini del mito: il giovane Victor, geniale e arrogante, sfida le leggi della natura dando vita a un essere composto da frammenti umani. Ma ciò che nasce come trionfo dell'intelletto diventa presto una tragedia di orgoglio e solitudine. Abbandonato e incompreso, il Mostro impara a leggere, pensare e soffrire, fino a diventare simbolo vivente del peccato originale e del rifiuto del proprio creatore. Del Toro trasforma così la leggenda in una meditazione sul divino e sull'umano, interrogandosi su cosa significhi davvero creare la vita - e convivere con il peso di averlo fatto. Non un semplice adattamento, ma una reinvenzione poetica e dolorosa del mito di Frankenstein: un viaggio nell'ombra e nella grazia, alla ricerca dell'anima che ci rende - e ci condanna a restare - umani.