Ore 10.00
Lo sappiamo bene che la fotografia mente, se si intende per fotografia la copia della realtà. Salvatore Attanasio con la fotocamera scrive novelle popolate di fantasmi evanescenti che abitano concretissimi castelli di campagne e valli lombarde, facendo affiorare certo inconscio della percezione: uno spazio fuggevole non a fuoco nel momento della visione diretta.
Così trasforma la fotografia in ambiente - contano i segni, le geometrie e i contrasti dei bianconeri, le pause, le attese, senza bisogno di alcun "flou" pittorialista (piuttosto sembrerebbe suggestionato da tagli e modelli del cinema) - conservando l'aura dei luoghi fotografati, un'aura che custodisce anche memorie di tradizioni e presenze leggendarie, tanto più quando i fantasmi nemmeno si materializzano nelle stanze vuote.
Scivolando con l'occhio, come raccontasse moti del cuore, Attanasio prova a fare della sua fotografia un linguaggio proprio dell'esperienza del sentire, del flusso di sentimenti che fa la vita, e che non può che essere un baluginare enigmatico, una figuratività fantasmatica. Ecco che, inquadrate nella meticolosa architettura dello sguardo del fotografo, le fughe di stanze e corti, porte e finestre come quinte sceniche, nel contrasto con l'apparizione di artificiosa illusione si rivelano un labirinto di relazioni elusive e perturbanti, fascinose e mesmeriche da cui lasciarsi attrarre tra avventura fantasy e irretimento romantico.
In una finitezza tanto puntigliosa quanto rarefatta, l'autore trattiene presenze che paiono suscitate da battiti di luce, da sussulti di paura e da sussurri di sortilegio e rimpianto. Nelle stanze e nelle corti dei castelli (da Padernello a Bornato a Pandino, da Pagazzano a Soncino, da Gorzone a Calvisano) e dei palazzi storici (dalla Casa del Podestà di Lonato a Palazzo Martinengo Colleoni a Brescia) non si entra allora in uno spazio misurabile con sole coordinate storico-geografiche, ma emozionato dalla geometria del cuore, dallo slittamento e proiezione dell'immagine nell'interiorità carica di affetti, favole, fantasticherie, letture storico-romanzesche. Cui si aggiungono i tableaux vivants in costume -o in abiti contemporanei quando gli stessi proprietari stanno al gioco- nel caso le dimore non offrano specifici fantasmi. Come nel teatro classico, i fatti turbinosi o patetici sono allusi e vagamente rievocati, ma si svolgono in gran parte fuori scena, perché le leggende fotografiche di Attanasio sono abitate dalla nostalgia di una incolmabile distanza.
In fondo, l'operazione Castelli Fantasmi Leggende lascia affiorare anche una sorta di indagine storico-antropologica, nel cogliere con le evocazioni dei fantasmi lo sradicamento della società dai territori locali e dalle tradizioni che ne hanno sotteso la vita. E l'omaggio al Castello Bonoris di Montichiari, con l'uso del colore che lo distingue nettamente dal bianconero retroilluminato della rigorosa ricerca di lucidi inganni di apparizioni castellane, induce a chiedersi se non vi sia un atteggiamento tardoromantico in tutta l'esplorazione di Attanasio, con lo stesso gusto di storia romanzata che ispirò il revival dell'arch. Antonio Tagliaferri. Non solo nella invenzione gotica del maniero monteclarense, incredibile spazio medievale in facsimile, ma nella stessa fantasmagoria della messinscena da melodramma. Un'idea di mura e stanze castellane come quinte di un teatro dello stupore e del meraviglioso che accoglie uno spazio fluttuante tra pulsazioni e fosforescenze di fenomeni medianici, o persino di abbandono a una infantile beatitudine, nel soffice lucore di sogno.
Orari di apertura:
Da mercoledì a sabato dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14.30 alle ore 18.00, domenica dalle ore 15.00 alle ore 19.00.
Chiuso 25 dicembre e 1 gennaio