Ore 20.45
Con: Fabiana Biemmi Giulia Casciaro Laura Galletti
Regia: ANDREA FRATI "La ragione che mi ha portato a scrivere credoinunsolodio risiede nel fatto che, nonostante sia un argomento largamente trattato dalla stampa e dai notiziari, il tema è quasi del tutto assente dai nostri palcoscenici. Altrettanto presente in ognuno di noi è la percezione di vivere in un'epoca nella quale di nuovo si manifesta netta la contrapposizione tra Islam e Cristianesimo, o tra Islam ed Ebraismo in senso lato.
In questa situazione culturale, sociale e politica, anni fa (il testo è stato pubblicato nel 2011, n.d.r.) ho pensato fosse giusto lanciare il cuore oltre l'ostacolo e raccontare una storia molto concreta, fatta di reali sentimenti, stati d'animo, punti di domanda in parte risolti ma per la gran parte irrisolti. Mi ha sempre molto colpito il fatto che quando scattiamo una fotografia, in realtà facciamo qualcosa che si oppone a quel grande nastro di trasporto sul quale tutti siamo incardinati e che si chiama tempo: paralizziamo in eterno l'istante, lo fissiamo su un supporto. Questo testo è una collazione di istanti bloccati, una carrellata di "paralisi del respiro" dei tre personaggi, colti da un obiettivo che altro non è se non lo sguardo dell'autore e con lui del pubblico. (Stefano Massini) "E' la seconda volta che il Gruppo teatrale FOREST si confronta con il teatro di Stefano Massini. Ed è per la seconda volta che questo incontro avviene con un testo interpretato da sole donne.
La Gabbia e Credoinunsolodio si assomigliano. In fondo in entrambe le narrazioni il tema della costrizione, dell'essere rinchiusi, privati della libertà di poter essere pienamente se stessi, è centrale nel racconto. E in entrambe questo malessere è al fondo dei pensieri e dei gesti dei personaggi in scena. In credoinunsolodio tre donne ci fanno partecipi del loro comune "qui e ora" in una sorta di racconto postumo. Ci conducono a vivere la marcia di avvicinamento a quel momento che le vedrà insieme ai tavolini di un bar, a guardarsi per la prima volta in viso senza conoscersi.
La loro è la testimonianza di come vivere nello stesso fazzoletto di terra possa essere così diverso e allo stesso tempo così irrimediabilmente uguale, segnato dal sangue e dal dolore. Ho sempre creduto che il teatro fosse il luogo più alto deputato all'analisi, alla biopsia, del nostro trovarci qui e ora. Per non sfuggire a questo "compito civile" ho sentito forte la necessità di far sì che la voce di Mina, Shirin e Eden potesse incontrare le coscienze di ognuno di noi ... qui e ora". (Andrea Frati)