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Nell'insensata tragicità della guerra, un uomo, poi dato per disperso, fa la sua scelta fra la vita e la morte. Ma questa scelta segnerà il destino di molti. Un monologo che spoglia la guerra della sua storicità per farne un paradigma della condizione umana, fragile e illusoria e che al contempo celebra l’attaccamento alla vita.
È il 21 gennaio 1943 e nel bel mezzo della ritirata di Russia, fra migliaia di soldati abbandonati sulla neve, un uomo fa la sua scelta fra la vita e la morte. Ritornerà in qualche maniera “vivo”, come ombra portata dal vento ma l'eco di quella scelta primigenia ha nel frattempo travolto prima una moglie, poi una figlia, infine un nipote. E quest’ultimo oggi esige delle risposte. Perché ha ereditato
il dolore che nessuno in famiglia, né la madre, né la nonna “presunta vedova”, hanno saputo elaborare. E allora il nipote non ci sta: basta dolore cattivo, ci vuole un dolore “buono”. Per ritualizzare il passaggio ma, soprattutto, il commiato amorevole.
E allora il “presunto morto” parla. Un monologo/dialogo che spoglia la guerra della sua storicità, per farne invece un paradigma della condizione umana, fragile e illusoria. Ma la morte, vera o presunta che sia, non può togliere vita e per questo si alza una voce. Grida il nostro attaccamento alla vita, istintivo, viscerale e ci invita a gioire, ad amare e a inseguire il nostro essere di felicità. Per scioglierla la neve. Tutta quanta.
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Lo spettacolo è organizzato da Vivaio Labor in collaborazione con Luisa Trevisi - Idee che danno spettacolo